17 maggio: oltre la memoria, la lotta! 

Il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l’Omolesbobitransfobia, istituita per ricordare la decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1990, di rimuovere l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.
A 35 anni da quella storica scelta, ci troviamo a fare i conti con un presente che, nonostante i cambiamenti sociali e culturali, continua a essere profondamente segnato dalla discriminazione e dalla marginalizzazione delle soggettività LGBTQIA+.

Oggi più che mai è necessario affermarlo con lucidità: le LGBTQIA+fobie non sono solo un ricordo del passato. Sono forme attuali e pervasive di esercizio del potere. Non si manifestano solo in atti espliciti di violenza, ma si annidano nel linguaggio, nelle istituzioni, nelle politiche pubbliche, nella produzione di sapere e nella burocrazia dei corpi.

Da attivista transgender, vivo ogni giorno il peso di un sistema che si ostina a non riconoscere l’autodeterminazione come diritto inalienabile. In Italia, questo si traduce in una serie di azioni istituzionali che negano, rallentano o ostacolano la vita delle persone transgender.
L’ospedale Careggi di Firenze ha sospeso l’erogazione dei farmaci bloccanti della pubertà, fondamentali per gli adolescenti transgender. Nonostante le raccomandazioni internazionali, lo Stato italiano sembra cedere alle pressioni ideologiche, preferendo la prudenza paternalistica all’ascolto delle vite reali.
Non è un caso isolato. Il tavolo tecnico istituito dal governo sulla cosiddetta “disforia di genere” è stato composto includendo figure dichiaratamente ostili ai diritti delle persone transgender, escludendo attivistə, esperti e persone trans. Un gesto che conferma quanto la rappresentazione delle identità transgender e non binarie venga sistematicamente sottratta alle persone che la incarnano.

Nel frattempo, il Ministero dell’Istruzione, Valditara, ha vietato l’uso dello schwa e dell’asterisco nelle comunicazioni scolastiche ufficiali, in nome di un presunto rigore linguistico.
Ma il linguaggio non è mai neutro: ciò che viene cancellato dai testi, viene escluso anche dalla realtà simbolica e sociale. La negazione dell’inclusività linguistica è un attacco al riconoscimento delle soggettività transgender e non binarie, un modo per riaffermare la centralità del maschile come norma, come universale.
Tutti questi segnali fanno parte di una strategia più ampia che riguarda non solo l’Italia. La repressione delle soggettività trans e queer attraversa le politiche internazionali, dall’Ungheria di Orban alla Russia di Putin, dalla Turchia di Erdogan all’Argentina di Milei, dagli Stati Uniti segnati dalle politiche repressive di Trump, fino alla recente decisione della Corte Suprema britannica.
Tutti questi politici che vogliono cancellare,le persone transgender, le nostre storie, i nostri corpi, i nostri nomi, il nostro diritto a esistere, che vogliono costringerci al silenzio, a tornare nell’ombra, che vogliono che torniamo ad avere paura di essere chi siamo, devono sapere che non ci riusciranno!

Come ha gridato la senatrice spagnola Carla Antonelli, prima donna trans eletta in Parlamento:

 “ Non torneremo ai margini!” 

Non torneremo nei vicoli bui dove ci costringevate a vivere. Non torneremo nei manicomi dove ci rinchiudevate. Non torneremo negli armadi dove avete provato a seppellire le nostre identità.

Ogni volta che parlate di “gender”, dite “ideologia”, ma noi non siamo un’ideologia. Siamo persone. Con un nome, una storia, un corpo, una voce. E oggi questa voce la usiamo per dire: basta. Basta ipocrisie, basta paternalismi, basta odio travestito da legge.
Sapete cosa fate davvero, quando ci negate i diritti? Quando cancellate i percorsi di affermazione di genere? Quando minacciate psicologhe e medici che ci aiutano? Fate violenza. Una violenza istituzionale. Una violenza subdola, fredda, legittimata da un potere che si dimentica dell’umanità.

E non venite a dirci che lo fate per proteggerci. Non abbiamo bisogno di essere protetti da noi stessi. Abbiamo bisogno di essere protetti da voi.

Ma oggi non chiediamo permesso. Non vi stiamo più chiedendo comprensione, né tolleranza. 

Oggi rivendichiamo rispetto. Uguaglianza. Libertà.

Non ci cancellerete. Non ci farete sparire. Perché siamo milioni, e non siamo più disposti a tacere.

Non torneremo ai margini. Mai più!

 A cura di Cristina Leo